Credo che ogni essere umano condivida con gli altri un'intima essenza, fatta di bisogni e di desideri che cambiano prospetticamente, pur restando universali. Non possiamo infatti prescindere dal pensiero antropologico delle differenze culturali, che si manifestano nella valutazione dei bisogni comuni, e delle rispettive pratiche. Ogni civiltà si muove, in modo sincronico, entro la propria organizzazione sociale, ma anche in una dimensione diacronica, che riguarda il trascorrere del tempo. Ognuno ha "il proprio tempo": quello attuale reclama, a mio parere, una nuova umanità, che riconosca una propria essenza oltre il contingente.
Filosofi ed antropologi hanno trattato, più o meno palesemente, di princìpi trascendentali, universali, o collettivi, che "vanno oltre" la dimensione materiale della vita di ognuno di noi, e che, pur apparendo meno concreti dei beni materiali, in realtà sono abbastanza solidi, perchè conservano il loro intrinseco valore. E' tuttavia molto facile, quando si fa riferimento ai valori di una civiltà, cadere nel falso moralismo dei princìpi a cui sono ancoràte determinate azioni umane; per risolvere alcune di queste contraddizioni è necessario il rigore della ricerca. Le Scienze dell'uomo muovono, appunto, alla ricerca delle identità, così come delle differenziazioni culturali.
L’Antropologia è, fra le Scienze Umane, quella che, a mio parere, può raccordare il punto di vista bio-evolutivo a quello socio-culturale, ricollegando le origini della specie alla ricerca del "senso della vita", da parte delle persone che la vivono. I reali bisogni dell’uomo trovano sempre maggiori difficoltà ad emergere e ad essere individuati come tali; la volontà dell’uomo è sempre più condizionata da sovrastrutture sociali fuorvianti talvolta settarie; la comunicazione "prende il largo" nel globale, mistificando ciò che è intimo e familiare; il pensiero stesso dell’uomo, e della donna, è spesso in balia delle suggestioni mediatiche, oppure resta confinato entro situazioni e contesti socialmente avversi.
Il risultato di tutto ciò è che, sempre più spesso, si preferisce parlare di diritti negati, anziché di responsabilità.
E’ vero, ognuno di noi ha diritto a qualcosa; ma se questo qualcosa è solo un oggetto, e non il risultato di un percorso verso l’autonomia, ci farà perdere di vista il senso profondo del diritto e della dignità “sociale” della collettività. Da questo disconoscimento, trarrà vantaggio solo un sistema “antagonista” di affermazione dei poteri, vale a dire una cattiva politica, che espropria l’uomo della propria eredità antropologica.
Io penso di non sapere cosa sia la politica, forse non l’ho mai capìto; ma se la politica è qualcosa di diverso da una filosofia della vita e della sua organizzazione sociale, se è qualcosa di alieno ai presupposti antropologici che hanno fondato gli antichi gruppi umani fino alle attuali società, forse quella politica non mi interessa; preferisco imparare a vivere a mie spese e ad essere apprezzata in qualità di persona.
M.M.
Personologia.
Leggi: Approccio alla Personologia in "Scienze umane e sociali"
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