L’alleanza tra le scienze socio-umane e le scienze naturali è un argomento assai discusso, ed è di difficile soluzione, perché dipende dal fatto di dare maggiore importanza all’origine biologica dell’uomo o alla sua esperienza socioculturale (questi sono due aspetti del riduzionismo, che comprende anche un terzo approccio clinico). Il problema è antico e di vitale importanza: il rapporto dell’uomo col mondo, ovvero, la collocazione dell’uomo all’interno della società complessa, che richiede, ovviamente, una specifica conoscenza di entrambi. Molti propongono una “iperscienza” che ponga le basi di una metodologia della ricerca, basata sulla necessità di rispondenza di un modello generale alle peculiarità antropologiche dell’essere umano. Altri, che in linea generale condivido, sostengono invece un approccio multi-disciplinare, ovvero un atteggiamento scientifico che possa valutare possibilità e limiti del modello considerato, nel passaggio da una disciplina all’altra; l’intento epistemologico non è però gradito ad alcuni insigni esperti di scienze sociali che, probabilmente, temono una specie di contaminazione tra le discipline, scientifiche ed umanistiche. Rispetto al problema posto all’inizio, ovvero l’alleanza tra il biologico ed il naturale, io opterei invece per una “interdisciplinarietà” che generi il confronto tra tutte le scienze dell’uomo, non ai fini di qualche sterile esperimento, ma per formulare idee progettuali che possano avere riscontro negli istituti di formazione.
L’interdisciplinarietà, pur non essendo la soluzione del problema, può costituire un nuovo approccio alla definizione del rapporti “mente-corpo" e dei relativi insegnamenti.
Secondo il mio modo di intenderlo, il concetto di vita si qualifica sul piano dell’esistenza vissuta dall’uomo, in base ai propri bisogni, ed in una visione dinamica che ne possa ri-definire la qualità, non soltanto nel quadro bio-evolutivo, bensì nel passaggio da una generazione all’altra e per tutto l’arco della vita.
Il problema di quanto, ma soprattutto di come, l’uomo possa condurre la propria vita, solleva, perciò, sia la questione della sopravvivenza della specie che quella della qualità della vita.
M.M.
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