Ognuno di noi fa parte della specie umana, ma come persona appartiene soltanto a sè stesso

Ognuno di noi fa parte della specie umana, ma come persona appartiene soltanto a sè stesso

Presentazione

Vorrei anteporre alla presentazione del mio Blog una premessa deontologica, in quanto, nonostante il desiderio di condividerlo con voi, il genere in esso trattato potrebbe non interessare, nè incuriosire, nè tantomeno divertire, alcuni miei fruitori virtuali: in tal caso li invito cordialmente a non perdere tempo e a passare oltre. Ovvero a seguirmi, dandomi la possibilità di aprire un varco, nel dibattito tra persone curiose di sapere, ma anche coscienziose e concrete. Questo Blog propone una filosofia dinamica, non accademica, incentrata sulla specificità della natura umana e dei suoi sviluppi culturali; farà spesso riferimento all'area mediterranea, ed agli influssi derivati dal coacervo di popolazioni che gravitano intorno ad essa.
La scelta di un sito per "Antropologica mente" nasce da un impegno pluriennale nella ricerca intorno a “ciò che è umano”, dal punto di vista dell’Antropologia Culturale. A mio parere, il punto di vista antropologico rappresenta anche un concreto impegno per la collettività umana: nel tracciare la mappa di un percorso mirando alla sua interezza, ogni contributo, in termini di idee e di opere, si rivela prezioso. Credo che ad ogni essere vivente sia data la possibilità di declinare la “costante cosmologica” che contraddistingue la condizione umana. A mio modo di vedere, è questo uno dei princìpi che segnano il percorso dell'essere, dall’arcaico motivo dell’Archè, a quel sacro Cerchio degli antichi saperi che, ancora e sempre, governa il viaggio degli uomini in cerca del proprio orientamento; punto di convergenza olistico per la salute del corpo e dello spirito.
Attraverso la sua specifica realtà esistenziale, ogni comunità umana trova adeguate forme di espressione nelle proprie simbologie, nei linguaggi e nei rituali, antichi ed in uso, tanto individuali quanto socialmente condivisi; molti di essi permangono nelle più sperdute società e nelle realtà più marginali dei Sud del mondo.

La sfera dell’umano implica il trattare delle sue molteplici possibilità e, per converso, dei suoi limiti. Il filo conduttore del Blog è perciò dedicato a svariati argomenti, segnalati nelle barre Etichette, ognuno dei quali fa parte di un percorso dinamico, perchè tale è la vita che esso intende rispecchiare, nella sua quotidiana complessità.
Un ideale antico, costante e profondo, mi guida in questa ricerca; lo ritrovo nelle parole dei grandi pensatori, ma anche delle umili persone, che ho conosciuto; ognuno ha, a suo modo, arricchito una parte dell’umanità, esortandola alla propria trasformazione “dentro e fuori, in alto e in basso”.
Credo che la trasformazione sia un principio evolutivo fondamentale, affinchè l’uomo possa “realizzare la propria natura” nel corso della vita.
Pablo Neruda afferma: “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia… chi non parla e chi non conosce” .

manilimilena@gmail.com
Professionista Scienze Umane "Filosofia, Psicologia e Scienze dell'Educazione" Esp. Antropologia Culturale/Comunicaz. Efficace. Gli indirizzi mail seguenti sono momentaneamente disattivati
(milena.manili@yahoo.com Counselor) Relazionale Esistenziale Dipl. presso "Libera Università del Counseling" /Art Counselor Steineriana - Arteterapia antroposofica
I.N.F.A.P. Onlus Ist. Naz. Femminile Arti e Professioni per l'evoluzione della Persona. Presidente 2001-2013 (Dlgs 460/97 - sett.9).
(http://arteculturasocieta.blogspot.it/)

N.B.
Gli indirizzi tra parentesi sono momentaneamente disattivati


Eccomi

Eccomi
E' andata così che ho optato per il Blog ... ed archiviato. Ve lo racconto in via "Confidenziale"

domenica 5 aprile 2020

ANTROPOSALUTE (3) Approccio Multidisciplinare

ANTROPOLOGIA della SALUTE (3) Per un approccio multidisciplinare alla salute ed alla malattia nella Società Interculturale Non ho nulla contro la “filosofia del senso comune” che domina l’attuale scenario sociale ed il mondo dell’informazione, con i suoi pregi e difetti; non posso neanche negare la funzione omologante del senso comune in una prassi educativa afferente al pensiero logico. Tuttavia ritengo che, quando ci si espone nei termini di una pratica professionale come quella socio-antropologica, attingere al senso comune come unico sistema culturale di riferimento, rischi una colonizzazione delle coscienze, ed una ricaduta nel concetto di habitus, se non una estremizzazione culturale. L’habitus è un dato sociologico che implica comportamenti tipici di una cultura i quali, in concomitanza col fenomeno migratorio, al di fuori delle strutture sociali che li hanno generati, possono assumere ulteriori significati simbolici, e che si impongono allo sguardo, non già come semplici fatti, ma come fenomeni trattabili, ovvero permeabili ad ulteriori sollecitazioni, per la sopravvivenza stessa dei soggetti che ne sono portatori. Credo dunque che, nella pratica professionale dell’Antropologia Culturale e delle altre Scienze Umane, negoziare sul senso comune sia appena un espediente fine a sé stesso, e che difficilmente possa restituire a tali discipline la loro effettiva funzione critica. Superato questo empasse, vi invito a riflettere sul tema, non proprio nuovo, della opportunità di un approccio multidisciplinare alla salute e alla malattia, che non escluda la Cultura come paradigma interpretativo dell’agire sociale. Dovremmo, una volta per tutte, riconoscere che la “Nuova alleanza” tra le Scienze Umane, le Scienze dello Sviluppo e le Neuroscienze si sia resa “storicamente” necessaria proprio a questo scopo, per poter ri-definire la questione almeno sui due piani complementari della “interpretazione teorica” e dell’ “intervento pratico”, in una prospettiva olistica (ma anche complessa e coerente) dell’uomo, nel rispetto del suo benessere psico-fisico, così come della sua necessità identitaria. Questo assunto è diventato urgente nella misura in cui, come ben sappiamo, la salute umana esprime l’unica dimensione universalmente esperibile di equilibrio tra uomo-società-ambiente. La salute umana è dunque una questione di vitale importanza per la persona in una dimensione sempre più ampia e complessa, che non può prescindere dalla vivibilità della biosfera. Le collettività coinvolte nelle pandemie sono diversificate, spesso itineranti, migranti, o “fuori luogo”, e sommariamente “dis-adattate”. In particolare, il trattamento degli stranieri non integrati richiederà non solo un antidoto biomedico ma, come emerge dalla situazione attuale, anche una sorta di Medicina interculturale, rispettosa delle diverse dinamiche esistenziali. Come si suol dire, “la Cultura è stata “sfrattata” dal “Regno dell’analisi patologica della biomedicina”. Dopo essermi stancata di ascoltare e leggere ogni genere di congetture contraddittorie attraverso i principali canali di informazione, istituzionale e sociale, sento ora l’esigenza di esprimere una mia personale riflessione, prendendo spunto da un aneddoto. Un mio amico africano, aspirante medico, marito e padre stabilitosi in Calabria, apparentemente ben integrato, ha “postato” questo commento: “Voglio tornare alla normalità; prometto che sarò più umano“. L’ho trovato emblematico di una situazione di isolamento “diversamente comune”, che segnala una verità “altra”. In una società multietnica, la reazione soggettiva a determinate malattie va riletta in chiave antropologica, prima ancora che biomedica o psichiatrica. Non è un caso che le “epidemie della globalizzazione” si stiano diffondendo in una società ad alto indice migratorio, come quella in cui attualmente viviamo. Non perché i migranti o gli autoctoni o la loro coesistenza ne siano necessariamente la causa, ma perché nessuno tra di essi resti escluso dalla rappresentazione del problema o della sua possibile soluzione. Una collettività plurale non può che fondare i suoi criteri di convivenza sullo stare bene, avere la possibilità e gli strumenti per poter elaborare insieme determinate esperienze nel rispetto delle diverse specificità culturali. Le pratiche terapeutiche dovrebbero essere diversificate, nel rispetto di quelle differenziazioni, etniche e culturali, che richiedono al medico soluzioni terapeutiche “alternative” a quelle biomediche. Milena Manili - Antropologia della salute - Marzo 2020

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